La città di Mitrovica
Mitrovicë – Kosovska Mitrovica – Косовска Митровица
Mitrovica è la città kosovara dove abbiamo iniziato la nostra opera di volontariato in favore della popolazione e dove maggiormente si sviluppano i nostri progetti.
La regione di Mitrovica è la regione situata più a nord del Kosovo, definita dal confine amministrativo con la Serbia a nord e a ovest e dai confini della Multinational Brigade/West (MNB/W) e la Multinational Brigade Centre (MNB/C) a sud e a est.
Dal punto di vista della sicurezza, la caratteristica che definisce la provincia e’ la sua divisione: la parte nord e nord-ovest, serba e la parte sud, albanese. La divisione corre principalmente lungo il fiume Ibar che attraversa il centro di Mitrovica, le parti sono unite da due ponti, che purtroppo sono diventati, di fatto, il simbolo dell’odio e della divisione tra le due maggiori etnie presenti. La divisione della popolazione lungo questa linea e’ significativa, essa rappresenta il “confine” tra albanesi e serbi. Tuttavia questa divisione non può essere considerata assoluta: all’interno di entrambe le aree, sono, infatti, presenti enclaves significative di comunità differenti, come rom, ashkalja, turchi e bosniaks. La municipalità di Mitrovica si estende sino a circa 40 km a nord di Pristina, coprendo un’area di 350 km quadrati che comprende Mitrovica e 49 villaggi. La città e due villaggi sono, di fatto, le sole aree miste. L’intera regione conta circa 330.000 abitanti e la sola municipalità di Mitrovica raccoglie il 40% del totale della popolazione albanese della provincia.
Dal conflitto del 1999 la città è stata divisa lungo il fiume Ibar, nella parte sud, la popolazione (una cifra che oscilla dalle 70.000 alle 90.000 unità) è totalmente albanese oltre la comunità ashkalja-rom circa 320 persone. Le 300 famiglie serbe prima residenti a sud si sono spostate forzatamente al nord. Nella parte nord vivono approssimativamente 17.000 serbi, di cui circa 5000 sono considerate dall’UNHCR dal dopo guerra “internally diplaced people” e godono di uno status differente dei rifugiati. Tuttavia è importante segnalare che la quasi totalità dei serbi residenti sono “internally diplaced people” dei precedenti conflitti balcanici, “sistemati” dal regime di Milosevic per contrastare la presenza dell’etnia maggioritaria e in qualche modo rodere il fulcro storico della presenza albanese. Allo stesso modo si spiega la differenziazione della popolazione kosovara in diverse etnie, create ad hoc dal regime di Belgrado o rese visibili per promuovere un’immagine multietnica di un Kosovo altrimenti dominato dagli albanesi. Nella Municipalità sono presenti numerose minoranze etniche; i Bosnjaks slavi o serbi di religione musulmana, anche se ciò non implica alcun legame con la Repubblica di Bosnia, si tratta infatti di un gruppo che ha origine nella “nazionalità musulmana”, creata ai tempi dell’ex Repubblica socialista di Jugoslavia. Il numero degli slavi musulmani si è significativamente ridotto: dai 6000 di prima della guerra ne sono rimasti circa 2000 che vivono sia al nord, nei quartieri di Bosnia Mahala e Kodraminatore/ Micronaselje (1400), sia al sud della città. Attualmente la coabitazione con i vicini albanesi è relativamente pacifica, tuttavia il problema principale di questa comunità rimane la differenza linguistica con gli albanesi, che ha causato ai bošnjaks diversi ordini di problemi tra cui il limitato accesso al mercato del lavoro albanese e alla scuole bošnjak situate solo nella parte sud della città, difficilmente raggiungibili dai bambini residenti nei quartieri del nord.
I Rom prima della guerra erano circa 7000 persone che vivevano a Roma Mahala, un quartiere situato a sud a ridosso della sponda del fiume Ibar. Nel settembre 1999 il quartiere è stato distrutto completamente dagli albanesi a causa del risentimento maturato nei confronti dei rom, tacciati di collaborazionismo con i serbi durante il conflitto. Quasi la totalità della popolazione rom è stata costretta in seguito a cercare rifugio nelle altre municipalità serbe del Kosovo o in Serbia, circa 3000 sono emigrati in Germania. I turchi sono 650 e vivono sia al nord sia al sud. Di tutte le minoranze musulmane del Kosovo, quella turca sembra essere quella che ha subito le minori violazioni dei diritti umani. Enclaves serbe ce ne sono otto significative nella Regione di Mitrovica, per un totale di circa 2.800 persone. Tutte queste enclaves, riportano periodicamente problemi legati alla sicurezza: i serbi sono soggetti a intimidazioni e attacchi occasionali, mentre il perdurare della situazione di isolamento accresce i problemi di carattere umanitario. La sicurezza è molto incerta: durante gli ultimi giorni del conflitto, quando le truppe KFOR arrivarono a Mitrovica, le forze Jugoslave e Serbe stavano ritirandosi, ma ancora fornivano sicurezza a gran parte della popolazione serba, sia ai residenti, sia ai serbi provenienti dal sud del Kosovo. La KFOR attese il ritiro definitivo delle truppe Jugoslave prima di entrare nella città e il dispiegamento delle truppe fu completato il 25 giugno 1999. In quel periodo la parte sud della città era quasi deserta, solo lentamente gli albanesi cominciarono ad uscire dalle loro case o a ritornare dai luoghi in cui si erano rifugiati. Quasi immediatamente check points illegali comparvero nella parte nord della città, quale azione di difesa alla reazione di paura avvertita dai serbi per il ritorno degli albanesi, soprattutto maschi di giovane età. La KFOR cominciò a limitare la libertà di movimento tra il nord e il sud, escludendo i maschi in età da servizio militare. I serbi a nord del fiume Ibar costituirono così il gruppo dei “bridgewatchers” o guardiani del ponte, capaci di mobilitare centinaia di persone in pochi minuti per prevenire ogni tentativo da parte albanese di penetrare nel nord della città. La genesi di questa sorta di milizia civile aiuta a capire lo stato mentale dei serbi, che considerano Mitrovica l’ultimo bastione della resistenza di un popolo e di una religione.
Per quanto riguarda le infrastrutture, le restrizioni di luce e acqua sono molto frequenti. Due diverse compagnie distribuiscono l’acqua al sud e al nord della città. L’acqua proviene dal Lago di Gazivode, vicino a Zubin Potok. L’elettricità invece viene fornita sia dalla centrale di Obilic/q, sia dalla Serbia. Anche qui due diverse compagnie gestiscono il servizio a nord e a sud. Le comunicazioni telefoniche sia di terra che mobile sono problematiche e spesso interrotte. Due diverse compagnie, la PTK a sud e la PTT a nord gestiscono i servizi, con l’effetto collaterale che con le schede Mobtel (Telecom serba) è impossibile raggiungere i cellulari Alcatel (Compagnia di Monaco che fornisce il servizio alla parte albanese) e viceversa.
Per quanto riguarda l’educazione scolastica, possiamo dire che le restrizioni della libertà di movimento ei trasferimenti forzosi della popolazione da una parte all’altra del ponte, hanno avuto un impatto significativo sull’educazione, che continua ad essere separata sulla base dell’appartenenza nazionale. Nella parte sud della municipalità sono presenti: 2 scuole materne, 10 scuole elementari e 4 scuole superiori. La KFOR fornisce servizi di trasporto ai bambini sotto i dieci anni, la cui libertà di movimento è limitata per ragioni di sicurezza. Le comunità degli slavi musulmani e dei turchi hanno le scuole a sud.
Nella parte nord si trovano: una scuola materna, 8 scuole elementari e 4 scuole superiori (di cui una scuola tecnica, una sanitaria e una economica). Sono inoltre presenti altre due scuole superiori specializzate in informatica e ingegneria elettronica. Da due anni sono state decentralizzate a Mitrovica nord, cinque nuove facoltà dell’Università serba, prima dislocate in alcune città del sud della Serbia. L’operazione, dall’importante significato politico, è mirata a bilanciare il peso della presenza universitaria a Pristina, le cui facoltà, per motivi legati alla situazione generale, non sono frequentabili dai giovani serbi del Kosovo. La decentralizzazione di importanti facoltà quali Pedagogia, Lingue, Medicina, Accademia dell’Arte, ha portato a Mitrovica molti studenti (circa 7000) provenienti principalmente dalla Serbia. Già nell’autunno del 2001 era stata fondata a Mitrovica l’università Serbo-Kosovara comprendente quattro facoltà: Elettrotecnica, Ingegneria Meccanica, Ingegneria Civile/Architettura e Giurisprudenza. Nella parte nord della città sono presenti anche due dormitori studenteschi, uno dei quali è stato sostenuto da Asvi con il progetto “Ostello universitario”.
Il sistema sanitario è presente sia al nord che al sud della città. L’ospedale, situato al nord, è accessibile solo ai serbi kosovari residenti al nord e ai serbi della regione che non possono usufruire di servizi alternativi. Lo staff dell’ospedale non riceve gli stipendi da UNMIK. A sud è presente un ambulatorio per i ricoveri in day hospital, i casi che richiedono più tempo vengono inviati all’ospedale di Pristina. In tutta Mitrovica sud sono comunque dislocati 12 ambulatori. Paradossale la situazione dei cimiteri, nella parte nord della città (uscendo da Mitrovica) si trova il cimitero musulmano, mentre il cimitero ortodosso si trova nella parte sud. Questa incongruenza dovuta alla divisione della città, porta come immediata conseguenza l’impossibilità di una parte e dell’altra di poter accedere ai cimiteri di appartenenza senza scorta. La KFOR non fornisce scorta per visite ai parenti defunti, ma organizza convogli durante le celebrazioni dei morti. Anche la chiesa ortodossa si trova dalla parte albanese, per cui se non in casi eccezionali e sotto scorta della Kfor, è possibile accedervi. Per quanto riguarda la moschea, questa almeno si trova nel lato giusto, quello albanese, il suo minareto fu distrutto nel corso del conflitto ma è stato ricostruito in tempi brevissimi.